Mi riferisco al mio lavoro, quello del consulente IT.
Quando ho cominciato, un ufficio era d’obbligo perché Internet andava nella migliore delle ipotesi via ISDN (le linee fisse erano prerogative aziendali) e non era diffusa in maniera capillare; parimenti, il telefono cellulare aveva ancora qualche problema e non solamente di costo. Anche i computer portatili imponevano una serie poco accettabile di compromessi con cui gli smanettoni non riuscivano a convivere. Quindi il lavoro consisteva nel vivere in ufficio (con i problemi connessi allo spostamento casa-ufficio) dove si svolgevano le attività di sviluppo e assimilati e si andava dal cliente per qualsiasi tipo di attività.
La proliferazione delle ADSL e della telefonia mobile migliora notevolmente la vita dei consulenti, almeno la mia. L’ufficio non è più necessario, ci si basa su uno o più server costantemente collegati ad Internet per i vari servizi, quali la mail e il repository dei dati e dei programmi, e il numero di telefono dell’ufficio inizia con un 3. Lo small office diventa, quindi, home office, con rischi (autoschiavitù in primis) e benefici del caso. Tuttavia in questa fase Internet è ancora un po’ lenta per certe attività, che richiedono necessariamente un intervento fisico.
Pian piano anche i portatili diventano computer con cui si può lavorare decentemente, perciò quando si va dal cliente è possibile portarsi dietro l’ambiente di sviluppo e le chiavi SSL per collegarsi in VPN da altre parti. Il passaggio da POP3 ad IMAP, favorito dall’aumento della velocità delle connessioni e dalla diminuzione dei costi di storage, permette di avere tutta la propria mail sempre disponibile, che si operi dal PC di casa, dal portatile o dalla webmail. Di fatto con questo passo ci siamo slegati anche da una posizione fisica fissa, sia essa l’ufficio o la casa: più di una volta mi è capitato di lavorare in posti che prima solamente nelle pubblicità americane era possibile.
Credo che adesso, se le compagnie telefoniche UMTS ci assistono, siamo all’inizio di un nuovo cambio di prospettiva. Questo weekend ho cambiato il cellulare, vecchio oramai di tre anni, e ho preso un Nokia E71. Quello che ho in mano è un computer a tutti gli effetti (di cui parlerò in dettaglio in un successivo post) con un client mail, un client SSH, una VPN (da testare), un client Windows Terminal (questo devo ancora installarlo) e una connessione 802.11. Una volta che riuscirò a mettere assieme i pezzi e ad avere un contratto dati con Vodafone che non mi costi come una quota di maggioranza nell’azienda telefonica, potrò risolvere piccoli problemi presso i clienti che ora mi obbligano a dire «quando mi collego alla Rete leggo la mail e ti risolvo il problema». Per ora il terminale UMTS non può sostituire un portatile, ma permette di non essere sempre obbligati a portare con sé un portatile per svolgere alcune funzioni basilari sui server che si amministra.
Rimane, certamente, il problema dell’autoschiavitù, ma credo che in questo momento pochi sarebbero felici di tornare a lavorare come dieci/dodici anni fa quando bisognava saltare in macchina per una qualsiasi fesseria che ora risolviamo collegandoci in VPN e in remote desktop o in SSH.
One response to “Come cambia il lavoro”
… mannaggia a me ed alla fretta …
( dovevo L’E71 questo invece dell’N95 + tastiera bluetooth e diventare scemo a cercare in rete tutti gli addons )