L’installazione della nuova Ubuntu mi permette di non lasciare il necrologio di GeoCities come ultimo post del blog.
Ho tentato di fare l’upgrade, ma avevo pasticciato troppo con prove e varie installazioni dubbie, quindi ho pensato di ripartire da zero.
Mentre scaricavo con BitTorrent (il Maligno! il Maligno!) l’ISO del CD, ho aggiornato il backup di tre directory a colpi di rsync: la mia home, una directory di dati e quella con le macchine virtuali.
Ho approfittato della reinstallazione per togliere la partizione montata sotto /boot, per ridurre un po’ la dimensione dell’area di swap, visto che in due anni è restata largamente inutilizzata e per utilizzare il file system ext4.
L’installazione ha chiesto pochi dati all’inizio e poi è andata da sola senza bisogno di interazione mentre io stavo visitando un possibile cliente dove scoprivo di non essere l’unico ad essere in ballo con la nuova Ubuntu.
Al ritorno dopo il reboot Linux ha visto tutti i device, ha settato il video nella maniera giusta per il mio monitor (Dell 20″ wide) e ho installato i pacchetti che mancavano mentre ripristinavo il backup della mia home e delle altre directory di dati. L’audio mi sembra addirittura migliore.
L’ultima versione di vmWare Workstation si e’ installata senza battere ciglio e senza richiedere librerie strane.
La cura della grafica e dei font mi sembra migliorata; anche gli effetti di compiz sono per default meno plateari, ma migliori per il lavoro di ogni giorno.
Nulla d’altro da dire, se non «funziona». Ovviamente.
Aggiunta del 2 maggio: il file system ext4 è sensibilmente più veloce di ext3; anche il controllo periodico dell’integrità del file system avviene in circa quindici secondi, contro il minuto e mezzo abbondante di ext3. Altro dato da rilevare è l’aumento notevole della velocità di boot che non si è però tradotto, come successo in Windows, con una diminuzione delle performance nei primi minuti dopo il login. Qui il miglioramento è reale.